Sarà che in questo primo anniversario dall’alluvione il mio Facebook è pieno di foto di fango e acqua; sarà che, mentre scrivo, a pochi chilometri da qui si sta scaricando una grandinata epocale, come nei giorni scorsi più a nord, come domani chissà; sarà che in Veneto c’è stata allerta meteo rossa, scuole chiuse e cantine allagate; ma ormai per me parlare del tempo è tutto tranne che small talk, gratta una paura appena sopita, che torna su con poco.
Camminare fra le colline che scendono a valle
Domenica scorsa abbiamo camminato sopra Predappio Alta, un anello di mezza collina che attraversa frane più o meno assestate e passa per tratti di strada asfaltata che in molti punti hanno ceduto.
Al liceo mi piaceva studiare geologia, era una delle opzioni possibili che avevo considerato per l’università, e so bene che le nostre colline e montagne sono strutturalmente fragili e soggette a frane, fatte come sono in gran parte di strati di fanghi argillosi e sabbie compattate.
La formazione marnoso arenacea, le spettacolari stratificazioni dei versanti a reggipoggio, l’instabilità perenne dei versanti a franapoggio, che inzuppati d’acqua sono scivolati l’uno sull’altro aprendo crepe nel terreno e trascinando a valle campi, alberi, tralicci; sono i miei paesaggi domestici, e vederli cedere, come rughe profonde comparse all’improvviso nello specchio, mi spaventa.
Quindi ora maggio è questa roba qua?
Sole che scotta quando c’è, afa, temporali cattivi che scaricano colonne d’acqua fuori scala o grandinate rovinose. Del resto il mare si sta scaldando più velocemente del previsto, quindi l’aria si carica di umidità, c’è troppa energia in circolo che va ad aumentare l’instabilità globale.
In tutto questo, fra due settimane si vota per il Parlamento Europeo e io mi sento di sottoscrivere parola per parola l’introduzione dell’ultima puntata di Areale, il podcast di Ferdinando Cotugno: non abbiamo cinque anni da perdere, non possiamo permetterci di tornare indietro sul Green Deal, e nemmeno di fermarci.
Cotugno cita la campagna Fermiamoli col voto:
I fascisti, i negazionisti climatici, i misogini, gli omofobi, i guerrafondai avanzano.
È un’onda nera che censura giornalisti e artisti, che pesta e arresta giovani attivisti che manifestano pacificamente, che vuole ostacolare l’accesso al diritto all’aborto e non fa niente per combattere la violenza sulle donne, che investe nel fossile mentre l’Emilia sprofonda sott’acqua e la Sicilia soffoca per la siccità.
È un’onda nera che minaccia l’intera Europa. Tocca a noi fermarli.
L’8 e il 9 Giugno si vota per le Elezioni Europee, che saranno determinanti per il clima, la giustizia e la pace nel continente. Non possiamo permettere che le forze antidemocratiche traggano vantaggio dall’astensionismo di chi ha a cuore questi valori.
Non vado a votare soddisfatta e fiduciosa, non c’è nessun partito di cui condivido al 100% programmi, posizioni, candidature; però non votare è peggio, fa gli stessi danni delle emissioni di gas serra e del greenwashing. Riprendo le parole di Cotugno (i grassetti sono miei):
Per alcune persone non votare è una forma di disinteresse o di distacco ma per tante altre è l’espressione di un dolore politico.
Non si vota non perché non si crede nella politica o nelle istituzioni o in quei valori, ma perché abbiamo accumulato troppo dolore per pensare di potere ancora partecipare.
Ripeto, è legittimo sentirsi così. Però questo momento storico è troppo importante: a volte è giusto scappare dal dolore, a volte bisogna saper stare nel dolore, processarlo stando nel mondo, e oggi è il momento di porsi il problema di che Europa vogliamo per i prossimi cinque anni. […]
Il voto dell’8 e del 9 giugno è un voto esistenziale: è in ballo cosa deciderà di fare il continente che si riscalda più velocemente al mondo e che ha avuto le policy climatiche più ambiziose al mondo. Non le migliori di tutti i mondi ideali, non quelle che volevamo, ma le migliori del mondo reale. E se il 10 giugno il messaggio sarà “nonostante la crisi climatica l’Europa ha scelto di avere meno mitigazione e meno transizione”, avremo buttato 10 anni, quelli che ci hanno portato fin qui e i 5 del prossimo Europarlamento, e noi non ce li abbiamo 10 anni da buttare.
Stare nel dolore di tutte le cose che ci hanno deluso, di tutte le cose che ci hanno ferito e guardare con realismo ma anche con speranza a quelle entità che di solito spaventano o respingono – i partiti, le liste, i candidati: è questo che dobbiamo fare. Perché ci sono decine di persone straordinarie in quelle liste, non tutti sono uguali, non lo sono. Questi ultimi cinque anni in Italia sono stati un grande climate social camp diffuso e ci sono tante candidate e candidati che vengono proprio da lì, che hanno studiato, imparato, elaborato, che sono pronte e pronti. E contro, dall’altra parte, ci sono macchine da preferenze, persone famose che spostano pacchetti di voti senza studiare un dossier da anni, che stanno sempre in televisione.
Loro però, i nostri, hanno noi, e questa partita si può ancora giocare, è aperta, è sempre aperta. Quindi cercatele e cercateli.
Gita al Colle
E così due settimane fa io, l’ingegnere e il giovane nerd siamo partiti per Roma, gita primaverile fuori programma in occasione della cerimonia di consegna degli attestati ai nuovi Alfieri della Repubblica.
Lunedì 13 maggio era una perfetta giornata romana: cielo azzurro con qualche sprazzo di nuvole, brezza fresca provvidenziale per i poveri maschi in giacca scura; dal nostro hotel in via Nazionale al Quirinale è una salita di cinque minuti, e in questa stagione il profumo dei gelsomini riesce a sovrastare ogni altro odore cittadino.
Davanti al palazzo stavano arrivando tutti gli altri: un gruppone di ragazzi e ragazze, bambini e bambine, accompagnati dai genitori e in alcuni casi da capi scout, rappresentanti delle rispettive associazioni di volontariato, sindaci e autorità locali varie; a un certo punto è arrivato anche don Ciotti, io pensavo dovesse parlare e invece era lì anche lui per accompagnare una delle Alfiere.
C’era molta emozione nell’aria, e la retorica – inevitabile in queste occasioni – per una volta è suonata sincera; è stata una bella festa.
Il tema di fondo delle nomine di quest’anno era la solidarietà, e le parole di Mattarella (se vuoi, qui c’è tutto il discorso) sono state giuste e vere:
La solidarietà è un presupposto indispensabile del benessere di una comunità.
La vita sociale non si svolge soltanto sulla base del rispetto delle regole che si è data: questo è il minimo. Per vivere davvero bene insieme, per raggiungere una condizione di vita sociale realmente appagante, in cui sentirsi davvero inseriti con vera e piena soddisfazione, è necessario che via sia, oltre alla consapevolezza dei propri diritti, quella delle proprie responsabilità nei confronti degli altri.
È l’esercizio di questa responsabilità che fa sentire realizzati, che rende sereni e, ancor di più, - vorrei dire - rende anche felici.
[…] La solidarietà è anche la principale fonte di sicurezza collettiva. Perché poter contare sugli altri ci rende più sicuri. E perché fa crescere in noi la fiducia.
Io lo penso davvero, che si può essere felici solo insieme, e non insieme a quelli del tuo gruppetto o del tuo sangue, ma in un insieme più largo, che guarda più in là.
Io vorrei sentire parole come queste da ogni rappresentante delle istituzioni, invece che istigazione alla paura e all’egoismo. Io vorrei veder premiare la solidarietà e la partecipazione, invece che la furbizia.
È per questo che continuo a pensare che valga la pena parlare, agire, votare, cercare fare quello che c’è da fare, perché la partita è aperta, è sempre aperta.
sottoscrivo ogni parola, ogni sentimento di quanto scrivi e riporterò diverse tue parti nella mia NiuZletter del prossimo 3 giugno!
Bella escursione, anche se la zona è rinomata in maniera molto controversa...