Se Guido è a casa durante il weekend, spesso mi accompagna il sabato mattina a Forlì, quando vado a trovare mia madre. Il nostro rito condiviso nella mezz’ora di viaggio in auto è ascoltare l’edizione weekend di Morning, con Luca Misculin che ci aggiorna sulle cose del mondo. Oggi erano guerre, stragi nelle scuole, disastri aerei, adolescenti svedesi che si vendono come killer per piccole somme di denaro, e come buona notizia finale – Misculin ci tiene a sollevarci il morale prima di salutarci – anziani che si incontrano al ristorante dell’Ikea per socializzare; ecco la sinossi della puntata:
– Il liveblog del Post su cosa sta succedendo tra Israele e Iran, in aggiornamento
– Come parlare ai bambini di una sparatoria in una scuola (Der Standard)
– I minorenni che uccidono a pagamento, in Svezia (Le Monde)
– L’uomo che da 17 anni quasi ogni giorno mangia all’IKEA (NRC)
Quando è partita la sigla finale io e Guido ci siamo guardati, abbiamo constatato che la buona notizia di oggi erano i vecchi all’Ikea, e io ho detto sterzo secca a sinistra e ci buttiamo nel Ronco1 o andiamo lo stesso dalla nonna? Poi abbiamo riso e abbiamo continuato il tragitto verso la nostra anziana, che non è tanto socievole da cercare compagnia in un bar, ma se dio vuole lunedì la mando al mare per due settimane con una comitiva di altri anziani, speriamo che tutto vada bene.
Sì, sono tempi faticosi e stranianti. Quel che succede nel mondo, vicino e lontano, è talmente enorme che io non so da che parte farmi per tenere tutto insieme: la necessità di continuare a informarmi, il tentativo di testimoniare comunque solidarietà, nelle parole e nei fatti, la frustrazione di non riuscire a incidere più di tanto sulla realtà.
Sto leggendo tanto, e cerco di leggere più libri e meno pezzi brevi, perché anche saltare da un articolo all’altro, da una newsletter all’altra, mi esaurisce. Fra l’altro ho scoperto con gratitudine il servizio di prestito digitale della Rete Bibliotecaria della Romagna che mi permette di usufruire di quattro prestiti al mese – per giugno li ho già esauriti, e ne valeva la pena.
Mi ha fatta molto pensare il breve pamphlet La sinistra non è woke della filosofa Susan Neiman. Il titolo mi aveva maldisposta, perché anche se parole come woke o buonista sono usate come insulti, io non ho nessun problema a tenermele addosso; però penso che sia utile mettersi in discussione, visto che evidentemente le cose non stanno andando nel verso giusto. Ma se dal libro mi aspettavo un invito a moderarsi o a riconsiderare posizioni “esagerate” sono stata smentita subito, e per fortuna:
In un'epoca in cui le minacce verso il mondo sembrano schiaccianti, il pessimismo è allettante perché garantisce che non c'è nulla da fare. Una volta capito che è inutile, si può definitivamente smettere di lottare. Per un po' di sollievo o almeno per distrarsi, ci si può sempre prendere cura di se stessi, darsi al consumismo o assumere sostanze psicoattive.
Quindi, se il pessimismo non ce lo possiamo permettere, Neiman sostiene l’urgenza di tornare ai fondamentali:
dedizione all’universalismo, uscendo dalla frammentazione delle lotte identitarie;
distinzione netta fra giustizia e potere: torniamo a pretendere che non sia la forza bruta a decidere;
credere nella possibilità di un progresso: perché il progresso può essere lento, ma è possibile, e sottolineare solo la strada che ancora è da fare significa negare quella che è già stata percorsa;
coltivare il dubbio, che significa anche non pretendere di essere d’accordo su tutto per lottare insieme, altrimenti sarà sempre la destra a vincere.
Si sa da tempo che il personale è politico, ma quando è solo il personale a essere politico allora non si hanno più speranze. Cambiare i pronomi può sembrare un cambiamento radicale, ma la veemenza dei ragionamenti woke sull'importanza dei pronomi rivela in realtà una paura di non poter cambiare nient'altro. Ho sostenuto che bisogna avere speranze più grandi. È semplice: senza speranza non si può agire con convinzione ed energia, e se non si può agire le predizioni dei catastrofisti si avvereranno.
Neiman contesta l’idea che tutto si riduca a logiche economiche, che i comportamenti altruistici siano un enigma che si spiega solo ipotizzando che l’altruismo esiste solo in quanto porta alla lunga un vantaggio in termini di sopravvivenza della propria parentela. Non è così: noi agiamo spinti da molte e diverse motivazioni, non solo dal nostro interesse.
Secondo il neoliberismo la felicità si raggiunge attraverso mercati non regolamentati che producono sempre più beni materiali sviluppati per distrarci e progettati per scadere. Se si rifiuta questa visione per sostenere invece che le persone abbiano più probabilità di progredire quando sono impegnati in attività produttive comuni, si verrà liquidati come vecchi hippies o come cripto comunisti, nonostante questa posizione sia confermata da qualsiasi studio empirico di psicologia sociale.
L’altro grande errore che Neiman imputa alla sinistra è quello di aver santificato le vittime, equiparando lo status di vittima a quello di eroe e assolvendo automaticamente le vittime da ogni loro peccato.
Preferirei tornare a un modello dove le pretese di autorità si basano su cosa ha fatto una persona per il mondo e non su cosa il mondo ha fatto a lei. Questo non significa rispedire le vittime nell'oblio; significa considerare la solidarietà nei loro confronti una virtù, senza insinuare che essere vittime lo sia di per sé.
Quando ho letto queste parole, ho capito cosa rispondere a chi mi accusa di essere complice di ogni azione e opinione e presa di posizione di <vittima di turno> quando condanno <prevaricazione a piacere>.
Insomma, come diceva Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children Italia, nel suo bell’intervento al Fundraising Festival, non basta fare il bene, perché dalle buone intenzioni se non eseguite nel modo giusto possono scaturire problemi e ingiustizie; bisogna fare bene il bene, e questo “richiede domande scomode, autocritica, la capacità di metterci in discussione e di chiederci a chi serve davvero il nostro agire, a quale prezzo, con quale onestà”; ed è tanto più difficile oggi che chi cerca di “fare il bene” non è più visto con favore da tante, troppe persone.
Le altre letture delle ultime settimane sono nate da una puntata di Timbuctu2 dedicata a Fumo e ceneri, il saggio di Amitav Ghosh sul mercato dell’oppio, e in particolare su come l’impero britannico, imponendo il commercio dell’oppio dall’India verso la Cina, abbia consolidato il proprio dominio coloniale, influenzato pesantemente la storia di gran parte dell’Asia, generato enormi ricchezze a vantaggio di pochi.
Il saggio di Ghosh spiega con grande dettaglio il quadro storico che fa da sfondo alla trilogia narrativa dello stesso autore: Mare di papaveri, Il fiume dell’oppio e Diluvio di fuoco, tre romanzi che ho letteralmente divorato dopo aver finito Fumo e ceneri. Alcune centinaia di pagine di avventure, battaglie, commerci, in cui si incrociano personaggi dalle provenienze più diverse, ciascuno con le sue contraddizioni, meschinerie, eroismi, affetti; ma la cosiddetta superiorità morale dell’Occidente, ciao, quella ce la possiamo allegramente dimenticare – la storia di come gli inglesi si sono presi Hong Kong come avamposto dello spaccio di oppio nell’impero Ming, oppio peraltro prodotto in India trasformando a forza interi distretti agricoli in monoculture di papavero, è molto istruttiva.
Ma voglio chiudere con qualcosa di meglio dei vecchi all’Ikea, perché in giro c’è tanta bellezza che vale la pena difendere.
Questa settimana a Ravenna ci sono state due inaugurazioni: quella di Coconino Fest, due settimane di mostre e incontri, e l’edizione 2025 di Dante Plus, un progetto che da anni arricchisce Ravenna di installazioni, opere e visioni finalmente contemporanee.
La mostra Dante Plus, negli spazi della Biblioteca Oriani sarà aperta fino al 28 settembre, tutti i giorni; io sono andata all’inaugurazione perché da anni seguo e apprezzo il lavoro che fa Marco Bonobolabo Miccoli nella promozione dell’arte e degli artisti, così, oltre a vedere le opere di quest’anno e conoscere dal vivo molti degli autori, ho partecipato alla creazione del Dante di Ivan Lorenzo Frezzini, un laboratorio collettivo in cui abbiamo prima “colorato dentro gli spazi” e poi liberato il colore dai suoi confini.
Ci sono delle belle persone in giro, tante le ho incontrate a Riccione al Fundraising Festival, e lavorare insieme a progetti che hanno senso genera molta più felicità che consumare a sfregio del pianeta.
Sporchiamoci le mani insieme, dai.
Il fiume Ronco, che prima di Forlì si chiama Bidente, affianca per un lungo tratto la SS 67 nel tratto fra Forlì e Ravenna, per poi unirsi al Montone e formare i Fiumi Uniti.
Timbuctu è il podcast di Marino Sinibaldi che parla con i libri; la puntata 297 su Fumo e ceneri si ascolta qui
Marco è un grande! In tutto quello che organizza mette sempre tanta cura, ma anche entusiasmo e competenza. Una vera risorsa per il territorio! 😊