In queste settimane mi sento come se vivessi sull’orlo di un precipizio, con la folla dietro che si agita spingendoci tutti un po’ più in là.
Vado a letto la sera, rimboccandomi bene il piumone perché in camera da letto è più fresco che che nella zona giorno, e penso al privilegio totalmente arbitrario che fa dormire me e la mia famiglia al caldo e all’asciutto invece che in un rifugio di fortuna, sotto le bombe, in un CPR o nel fango del Silos dietro alla stazione di Trieste.
Ho cancellato per qualche giorno le app social dallo smartphone perché non ne potevo più di flame su tutto e su niente. Il disagio che provavo l’ha descritto molto bene Luca Sofri in un pezzo di qualche giorno fa, Vergognarsi un po’:
Il livello di stupidità a volte è disarmante e paralizzante. Disarmante perché fa sentire inutile qualunque sforzo uno possa essere tentato di fare in direzione di qualche ragionevolezza. Paralizzante perché crea una sproporzione di piani per cui lo stesso parlarne fa immediatamente sbandare verso la stupidità, e verso la sua oscena distanza dalla drammaticità delle cose di cui si dovrebbe parlare.
[…] Non è possibile – è stupido – che la strage quotidiana a Gaza diventi argomento di dibattito nella forma di polemica su Mara Venier, o sull’irredimibile baraccone della Rai e della sua dirigenza. Non è possibile – è stupido – che si imponga una par condicio delle stragi e delle vittime per cui ogni volta che ci si rammarica di una se ne debba citare un’altra, umiliando ogni sincera sofferenza e facendola diventare artificiosa tifoseria, ics sulle caselle.
Quando mi sento così, l’unico antidoto alla nausea da polemiche (non all’angoscia, quella purtroppo non passa) è diminuire la dose di “testi brevi” – social, news da telegiornale, perfino alcuni podcast – e cercare lunghi approfondimenti, o, meglio ancora, libri.
Ho sfogliato di nuovo Mattatoio 5, che avevo riletto da poco: un manifesto di quanto la guerra è assurda e inaccettabile da qualunque parte la si guardi, anche da quella dei vincitori. Kurt Vonnegut promette alla moglie del suo ex commilitone che non scriverà un romanzo da cui si possa trarre
un film interpretato da Frank Sinatra o John Wayne o da qualcun altro di quegli affascinanti vecchi sporcaccioni che vanno pazzi per la guerra. E la guerra sembrerà qualcosa di meraviglioso, e ne avremo tante altre. E a combatterle saranno dei bambini
Leggere Vonnegut smonta tutta la retorica pomposa che ci ammorba ogni giorno, i proclami teatrali, le voci roboanti: non di quelle abbiamo bisogno, ma di abbassare i toni e ragionare.
Lo ha saputo fare con pacatezza implacabile Primo Levi. Nel capitolo conclusivo de I sommersi e i salvati c’è una frase (i grassetti sono miei) che sembra scritta oggi, non nel 1986:
È avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire.
Può accadere, e dappertutto. Non intendo né posso dire che avverrà; come ho accennato più sopra, è poco probabile che si verifichino di nuovo, simultaneamente, tutti i fattori che hanno scatenato la follia nazista, ma si profilano alcuni segni precursori. La violenza, «utile» o «inutile», è sotto i nostri occhi: serpeggia, in episodi saltuari e privati, o come illegalità di stato, in entrambi quelli che si sogliono chiamare il primo ed il secondo mondo, vale a dire nelle democrazie parlamentari e nei paesi dell’area comunista. Nel terzo mondo è endemica od epidemica. Attende solo il nuovo istrione (non mancano i candidati) che la organizzi, la legalizzi, la dichiari necessaria e dovuta e infetti il mondo. Pochi paesi possono essere garantiti immuni da una futura marea di violenza, generata da intolleranza, da libidine di potere, da ragioni economiche, da fanatismo religioso o politico, da attriti razziali. Occorre quindi affinare i nostri sensi, diffidare dai profeti, dagli incantatori, da quelli che dicono e scrivono «belle parole» non sostenute da buone ragioni.
Intanto è morto Alexei Nalvalny, e io mi ripeto le sue parole:
La sola cosa che serve per far trionfare il male è che le persone buone non facciano nulla. Per cui non è il caso di non fare nulla.
Ho molto bisogno di segnali di speranza, su qualunque scala
Mi ha fatto bene leggere da un post di Ferdinando Cotugno una notizia tutto sommato lontana, su una foresta in Polonia che il neoeletto governo Tusk ha deciso di proteggere; soprattutto le parole con cui Cotugno chiude il post,
Nessun backlash è la scusa per smettere di fare politica e attivarsi. Il backlash è il momento in cui è più importante (tornare a) farlo.
Sono iniziate le udienze del processo contro Eni, effetto della causa promossa da Greenpeace e ReCommon. Le due associazioni chiedono che venga riconosciuta la responsabilità di Eni rispetto alla crisi climatica e che l’azienda riveda il proprio piano industriale, tuttora non coerente con gli impegni internazionali per la decarbonizzazione.
Difficilmente ne leggerai su gran parte dei quotidiani, o ne sentirai parlare a un tg: Eni è il maggior inserzionista di gran parte degli organi di informazione, e il suo omnipervasivo greenwashing, che nasconde il massiccio e persistente impegno sul fronte fossile dietro le foglie di fico di Enilive e Plenitude, sposta soldi e chiude bocche. Questo è uno dei motivi per cui mi sono abbonata a Domani, eh.
Intanto, tutti i giorni
Nei miei spostamenti quotidiani casa-ufficio sono passata dalla borsa a tracolla allo zaino e ho alleggerito i due mazzi di chiavi che mi porto sempre dietro, accorgendomi che metà di queste aprono serrature che non uso quasi mai; la mia schiena ringrazia, e forse tutto questo significa anche qualcos’altro.
Ho anche portato a termine un proposito che mi ero data mesi e mesi fa: preparare e registrare il cosiddetto testamento biologico. Oltre al tempo per capire la procedura, ragionare sulle opzioni, parlarne coi fiduciari, ho scoperto che questa è una cosa per cui – almeno a Ravenna – devi prendere appuntamento con un particolare ufficio dell’Anagrafe, e te lo danno solo di mattina dal lunedì al venerdì; ma insomma alla fine ho messo tutto in fila e l’ho fatto.
Però non mi stupisco che solo lo 0,4% degli italiani (dato di un anno fa) abbia registrato le proprie disposizioni anticipate di trattamento: al di là dell’informazione praticamente nulla sul tema, per arrivare alla fine bisogna spingere un po’.
Un libro bello che ho ascoltato: Gli aghi d’oro di Michael McDowell (l’autore di Blackwater, altra serie di libri molto amata): relax puro con una bella storia, non stupida, dentro.
Un libro molto bello che sto leggendo: I tre matrimoni di Manolita di Almudena Grandes, l’ultimo che mi mancava dei cinque Episodi di una guerra interminabile.
Per oggi è davvero tutto
Grazie per condividere questi pensieri 🙏
Grazie Alessandra. Ti ringrazio davvero tanto per ciò che scrivi, per la naturalezza e l'onestà che metti nelle parole e per le riflessioni che, ogni volta, accendi.
Grazie anche per avermi fatto conoscere Luca Sofri, da adesso in poi lo terrò in tasca 🙂
Condivido quanto hai scritto. E sì, il senso di smarrimento è tale che abbiamo davvero urgente bisogno di segnali di speranza, quella vera, tangibile, fatti non solo parole.