Maggio di aria frizzante, piogge serali e notturne da tenersi addosso ancora l’imbottita leggera e pomeriggi di sole che brucia la pelle. E poi, all’improvviso, l’estate.
Faccio fatica a scrivere, pensieri continui che mi attraversano, gioia e inquietudine, dover tenere tutto insieme.
Ho passato un weekend di metà maggio a masticare ricordi: di sabato, i cent’anni del mio vecchio gruppo scout, festeggiati in un lungo pomeriggio in cui ho incontrato vecchie fiamme, amicizie e inimicizie ormai levigate dagli anni, i figli e le figlie che hanno l’età che avevamo noi ai tempi e anche di più, qualche genitore ancora in vita nonostante gli acciacchi, collezioni di foto scolorite da cui ogni tanto emerge un viso che non rivedremo più.

Alcune persone le riconosco a fatica, dopo averle studiate da lontano; altre sono uguali ad allora, giusto un accenno di pelle tirata e i capelli grigi. Non so cosa mi fa più impressione, io mi sento cambiata ma non invecchiata, piuttosto diventata più me stessa, meno confusa e ingenua di allora.
La domenica successiva, dalle parti di Premilcuore, abbiamo festeggiato i trent’anni di Capo Nord, che è partito quando io iniziavo ad amare seriamente la montagna. Forlì è una città piccola, quelli che vanno in montagna più o meno si conoscono tutti di vista, con alcuni di loro ho camminato tanto. È stata una bella festa, siamo saliti per un sentiero fiorito di ginestre fino ai crinali del Monte Tiravento e poi abbiamo pranzato insieme sul prato della Trattoria del Cervo. Età media, mi tocca dire, alta, a parte qualche quarantacinquenne con figli piccoli al seguito; ci siamo misurati a vicenda gli acciacchi e l’ostinazione con cui continuiamo a uscire all’aperto, certo con più moderazione di un tempo.
A Ravenna abbiamo eletto il nuovo sindaco, che mi sembra una bella persona: attento alle difficoltà, uno che ascolta prima di decidere, sensibile alle contraddizioni. Il martedì sera dopo le elezioni sono andata in piazza a festeggiare anch’io con militanti e sostenitori; non sono organica a quella tribù ma mi interessa di più la strada che si può fare insieme rispetto al sottolineare ogni volta le differenze.
C’è tanto di quel lavoro da fare, che non si sa da dove cominciare. Apro Facebook ogni tanto per vedere cosa succede in città, i commenti sono una valanga di insulti qualunquisti e violenti; respiro e mi ricordo che non sono tutti così, ma bisogna fare lo sforzo di dirle ad alta voce le parole che vogliamo sentire.
Metto da parte ogni frammento di bellezza: la risata di mio figlio quando mi saluta, la forma delle nuvole, il caftano colorato di una donna seduta alla fermata dell’autobus, gli abbracci, l’allegria e la gratitudine respirati a Padova nella giornata di Freelancecamp.
[grazie a Windriser per il montaggio video, grazie a tutte le meravigliose persone del team Veneto, a chi c’era e a chi ci pensava da lontano]
Ho scritto in un quaderno, per non dimenticarmeli, tutti i profumi incontrati da aprile a oggi: i glicini esplosi ad aprile, i pittospori di Piazza Cavour a Forlì – così intensi da sentirli a decine di metri di distanza –, le ginestre in collina sopra a Brisighella, i rincospermi nei giardini di città – dal mio terrazzo al terzo piano mi arriva il profumo della siepe in giardino –, i primi sentori di liquiriza dell’elicriso sui crinali del Tiravento, il dolce nettare del caprifoglio nella pineta di Punta Marina. Col cazzo che andare su Marte è una buona prospettiva, solo un idiota può crederci.
“Mi interessa di più la strada che si può fare insieme rispetto al sottolineare ogni volta le differenze”: affermazione speciale e potente, pensa a quale rivoluzione accadrebbe se la applicassimo sistematicamente alla società tutta!
E l’odore della pineta di Punta Marina mi trasporta alle estati di trent’anni fa, metà anni novanta, il biliardino in spiaggia, le mille lire strappate a nonni e genitori per la sala giochi… grazie 😍
Adoro gli odori che descrivi!!! Anche qui da noi è primavera… e abbiamo una nuova sindaca!