Sono sempre stata curiosa di imparare. Da viaggi, libri, persone: ogni storia mi lascia una traccia, anche quando mi sembra di dimenticarmene per poi vederle riemergere, dopo anni, per un collegamento inatteso.
Una delle esperienze fondanti della mia formazione è stata lo scoutismo: essenzialità, scomodità, responsabilità, e un metodo di progressione personale che mi ha insegnato a darmi obiettivi di breve e lungo termine – ero io a deciderli, non qualcun altro a impormeli – e lavorare per raggiungerli.
Tuttavia, anche prima di uscire dal gruppo a diciott’anni – perché il mio cattolicesimo impegnato si era sbriciolato nell’urto con storia e scienza, ed era rimasto solo l’impegno – vedevo che i vantaggi dell’appartenenza si pagavano con una certa tendenza alla chiusura, all’esclusione di chi non sta nella tua tribù; invece io non avevo nulla in contrario a mischiarmi con gente nuova.
Sono cresciuta nei decenni dell’esplosione della società aperta, quando crollavano i muri e l’identità era guardata con sospetto, un retaggio scomodo da cui liberarsi; col tempo – e studiando – ho capito che c’è una parte profonda di noi che, di fronte all’individuo di un’altra tribù, reagisce istintivamente scappando o lottando.
Come racconta bene l’antropologo Richard Wrangham ne Il paradosso della bontà, il processo di auto-domesticazione della specie umana ha progressivamente penalizzato gli individui ad alto tasso di violenza reattiva – la botta di testosterone che genera gli accessi di collera e l’aggressività smodata – ma ha affinato la nostra capacità di esercitare in modo calcolato la violenza proattiva, quella con cui costruiamo strategie di attacco, omicidi premeditati, stragi ben calcolate; tutte azioni che, se dirette contro i nemici, la tua tribù si guarda bene dal condannare, purché ci siamo messi d’accordo sulla definizione di nemici.
È nella nostra natura? Indubbiamente sì, ma questo non significa che tutto ciò che oggi è nella nostra natura debba trovare posto nel nostro contratto sociale; inoltre la nostra natura è figlia del contesto evolutivo in cui si è sviluppata, e, al cambiare delle condizioni, possono diventare vantaggiosi comportamenti diversi da quelli del passato.
Gli scimpanzé sono bellicosi e aggressivi verso le tribù vicine, ma i loro cugini bonobo, che si sono evoluti in un contesto di relativa abbondanza, isolati grazie a un’ansa del fiume Congo dagli altri primati, hanno sviluppato modalità molto diverse di relazione: soluzione dei conflitti e abbattimento dell’aggressività attraverso grooming e sesso, comunità femminili che tengono alla larga i maschi troppo aggressivi, gestione comune della prole e ampia diffusione dell’omosessualità, sia maschile che femminile.
Questo per dire che tutto o quasi è un costrutto sociale, o meglio un prodotto di quella che è stata la nostra storia finora: molto interessante da studiare, ma non necessariamente meritevole di durare in eterno – resto sempre freddina di fronte alla mitizzazione della sapienza antica delle tribù native, di fronte a cui noi occidentali abbiamo colpe storiche terribili, e che però che a loro volta, prima del nostro arrivo, avevano conquistato, sterminato, estinto e devastato.
In Ragazze elettriche, un romanzo che non mi ha entusiasmato letterariamente ma che ha avuto un certo successo come parabola femminista, si vede bene che punto non è tanto la differenza di genere quanto quella di potere: cambia l’equilibrio di potere dei sessi, e le antiche oppresse diventano stronze e crudeli a loro volta.
Io penso che il primo esercizio da fare sarebbe toglierci questo bisogno di avere idoli da adorare e guru da seguire a occhi chiusi. Di tutte le persone meravigliose che conosco, che ogni giorno mi insegnano, mi fanno pensare, commuovere, ridere, ballare, posso trovare difetti, piccole vigliaccherie, errori, inciampi; questo non me le fa apprezzare di meno, perché ho smesso da anni di pretendere la perfezione, ma mi vaccina dal dichiararmi la bimba di <inserisci nome a caso>.
Per non avere bisogno di essere la bimba di qualcuno probabilmente devi essere cresciuta con dosi abbondanti di fiducia, con qualcuno che ha creduto in te e nella tua possibilità di fare grandi cose: per me è stato così, probabilmente perché i miei genitori, tutti e due costretti a smettere di studiare dopo la quinta elementare, erano felici di avere figlie brave a scuola e avrebbero fatto qualunque cosa per farci seguire la nostra strada. Una volta mi hanno chiesto di citare una frase ascoltata da piccola e che mi aveva segnata: la prima cosa che mi è venuta in mente è stata mia madre che mi ripeteva sempre “non farti mai mantenere da nessuno”, poi si capisce perché sono come sono.
Per questa settimana è tutto
Questa newsletter parte di domenica pomeriggio perché ieri, invece di scrivere qui, ho fatto le grandi pulizie nel mio blog togliendo i post non più aggiornati né utili: di 350 post ne sono rimasti online nemmeno un centinaio, quindi era davvero un lavoro da fare.
Lo scrivo in caso tu non lo sappia: ilPost è un progetto giornalistico che apprezzo molto – sempre con lo spirito di cui sopra, che me ne fa notare ogni tanto manchevolezze e inciampi, ma insomma siamo molto al di sopra della media dell’informazione italiana – tanto da essere abbonata da quando è possibile farlo. Uno dei vantaggi di chi si abbona è l’accesso ad alcuni podcast, fra cui quello con cui inizio ogni giornata dal lunedì al venerdì, Morning di Francesco Costa. Per tutta questa settimana, per festeggiare i due anni di Morning, il podcast sarà aperto a tutti, non solo alle persone abbonate; per ascoltarlo devi solo scaricare la app del Post (che comunque vale la pena in sé, perché ci sono le notizie, gli approfondimenti e tutti gli altri podcast) e registrarti. È tutto spiegato qui, buona lettura e buon ascolto.
Sui muri della mia città compaiono spesso cose interessanti, è uno dei motivi per cui vale la pena attraversarla a piedi.
A domenica prossima, ciao
Mi pare di essere lì con te mentre parli. Ti vedo bambina, con un mondo di paesaggi aperti davanti a te, e tutta la libertà di esplorare. Le tue parole mi portano dentro al testo come in una cosa viva, anche perché parli di violenza della specie, di rapporto tra evoluzione biologica e culturale, di modelli di integrazione sociale fra primati (tema che mi intriga a mille). Grazie Alessandra, buona settimana!
Newsletter bellissima!