Da più di un anno Palabra lavora per uno storico brand dell’abbigliamento sportivo, e fra le altre cose io faccio per loro un accurato monitoraggio delle newsletter dei concorrenti, italiani e non.
Questo comporta, ogni settimana, leggere alcune decine di email il cui compito è farti venir voglia di muoverti, uscire, allenarti in palestra o al parco o sui sentieri, certo possibilmente con le nostre scarpe e i nostri pile / giubbini / leggings / t-shirt.
Abbondano i consigli esperti, le belle storie di atleti e atlete su tutto lo spettro dal dilettantismo alle medaglie, gli eventi legati a maratone e gare, nonché alcuni tentativi di promuovere circoli virtuosi: riuso di abbigliamento e attrezzature, supporto ad associazioni locali, embrioni di cicli produttivi meno impattanti, anche qui si va dal greenwashing all’impegno più credibile.
Dopo mesi di questa cura, a inizio dicembre è successo che uno dei concorrenti del nostro cliente organizzasse una tappa di un suo promo-tour a Ravenna, facendo base nel negozio preferito dove compro l’attrezzatura da escursionismo; si trattava di una sessione di corsa in gruppo circumnavigando la Darsena e calzando il loro nuovo modello di sneakers, e io ho pensato “sai che c’è? andiamo”.
Sapevo benissimo che non sarei riuscita a fare tutto il giro di corsa, perché io per tutta la mia vita non ho mai avuto fiato, sono proprio scarsa; ma ero curiosa, un po’ per spiare i concorrenti del mio cliente, un po’ perché loro mi piacciono, sono un’azienda che lavora soprattutto su trail ed escursionismo, bella gente insomma.
Ovviamente ho corso per mezzo chilometro col gruppone, poi prima di stramazzare al suolo ho rallentato proseguendo al passo; per fortuna ho agganciato una coppia di anziani di cui lui sarebbe stato un corridore, ma lei, come me, era una camminatrice da escursioni, e insieme abbiamo fatto tutto il giro camminando e solo ogni tanto rimettendoci a correre. Ma ci siamo divertite comunque, e alla fine abbiamo ripreso gli altri in tempo per il ristoro e la foto di gruppo.
Così il giorno dopo, un po’ per scherzo e un po’ no ho googlato una progressione di allenamenti per passare da zero a 5 km, la prima che ho trovato, e sono uscita; come faccio spesso mentre cammino, ho telefonato a mia sorella, che era anche lei fuori a camminare, e, senza averlo deciso prima, ci siamo date l’obiettivo di farla insieme fino alla fine.
La progressione originale, che riporto sotto, consigliava di allenarsi tre volte a settimana, e noi abbiamo deciso di correre a giorni alterni per riuscire ad arrivare a 30’ entro Natale; e infatti la mattina della vigilia ho corso la mia prima mezz’ora di seguito, e davvero a inizio dicembre non ci avrei mai creduto.
Corri 1 minuto, cammina 1 minuto. Ripeti 10 volte (totale: 20 minuti)
Corri 2 minuti, cammina 1 minuto. Ripeti 8 volte (totale: 24 minuti)
Corri 4 minuti, cammina 1 minuto. Ripeti 5 volte (totale 25 minuti)
Corri 4 minuti, cammina 2 minuti. Ripeti 4 volte (totale: 24 minuti)
Corri 6 minuti, cammina 2 minuti. Ripeti 3 volte (totale: 24 minuti)
Corri 8 minuti, cammina 2 minuti. Ripeti 3 volte (totale 30 minuti)
Corri 10 minuti, cammina 2 minuti. Ripeti 2 volte (totale: 24 minuti)
Corri 12 minuti, cammina 2 minuti. Ripeti 2 volte (totale: 28 minuti)
Corri 15 minuti, cammina 2 minuti. Ripeti 2 volte (totale 34 minuti)
Corri 15 minuti, cammina 2 minuti Ripeti 2 volte (totale: 34 minuti)
Corri 10 minuti, cammina 2 minuti Ripeti 2 volte (totale: 24 minuti)
Corri 30 minuti, che corrispondono più o meno a 5 chilometri
Da allora siamo “in mantenimento”, cioè corriamo tre volte a settimana, a volte per mezz’ora, a volte per 5 km, che a me richiedono più tempo e una giornata particolarmente motivata.
Ho corso a Barcellona, la mattina presto col buio: che straniamento il fuso orario spagnolo, uguale a quello italiano ma tanto a ovest da generare uno sfasamento di oltre un’ora per albe e tramonti, una specie di ora legale permanente! Corro in Darsena durante la settimana, ritagliandomi un’ora a fine mattinata e portandomi il cambio in ufficio, e durante il weekend nei parchi vicino a casa, o a Forlì insieme a Daniela.
Una mia amica a metà gennaio mi ha chiesto se fossi già arrivata a quello stato leggendario di cui parlano i runner, quello in cui “è il tuo corpo che ti chiede di uscire a correre”: io no, io sono ancora al “dai vestiti ed esci, suderai, avrai il fiatone, ma sarai contenta”. Mi attrezzo per rendere il tutto comunque piacevole – all’inizio io e Daniela correvamo telefonandoci, un ulteriore dispendio di fiato, adesso più spesso metto su un podcast e parto, così riesco anche a gestire il tempo senza guardare troppo spesso Strava – ma non posso dire che ne sento il bisogno. Il bisogno di correre, intendo; quello di muovermi c’è sempre e viene quasi sempre soddisfatto – è raro che io stia sotto i 10.000 passi al giorno – ma l’endorfina del runner ancora non la sento.
Ho posto la domanda su Threads suscitando una bellissima valanga di commenti, dai quali mi sono fatta l’idea che potrebbe volerci molto e magari potrebbe non succedere mai, tipo l’orgasmo vaginale; ma l’importante è farlo finché tutto sommato ci si diverte.
A proposito di esperienze molto divertenti
Sono andata a vedere Povere creature! e sono uscita dal cinema ridendo di piacere insieme a gran parte degli altri spettatori e spettatrici, come se avessero pompato del gas esilarante nella sala.
Un’opera caleidoscopica e meravigliosa, una Barbie on steroids psichedelica, con l’estetica di Greenaway, l’umorismo dissacrante di Frankestein junior e una storia tanto potente che finalmente mi fa intravedere un mondo in cui smetteremo di chiederci se una cosa l’ha scritta / detta / fatta un uomo o una donna o whatever.
È un film perfetto? Può piacere a chiunque? No, per carità, ma cosa ce ne facciamo della perfezione quando c’è tutto un mondo da rifare da capo? Ferdinando Cotugno ha scritto forse le parole che più mi hanno colpito fra le centinaia di opinioni lette in questi giorni:
Povere creature! non ha niente da venderti, niente di cui convincerti, nessuna predica specifica da farti. È un film sullo stupore di essere al mondo, in questo mondo qui, in questi corpi qui, con queste possibilità qui, è il cinema che ti spinge a farti la domanda più radicale di tutte: come sarebbe un mondo senza lo status quo? Riesci ancora a immaginarlo? Cosa faresti, oggi, se non sapessi niente su come si devono fare le cose? Ricostruiresti la società uguale a come è oggi oppure la faresti diversa? Era ora che qualcuno ci facesse questa domanda.
Sono indecisa se tornare a vederlo subito, ma nel frattempo ho divorato in tre giorni il romanzo di Alasdair Gray da cui è tratto, un altro sorprendente caleidoscopio in cui tutto cambia a seconda del punto da cui lo guardi. Superconsigliato.
L’acqua non cade dal cielo
Quando a fine dicembre siamo arrivati a Barcellona, la siccità la potevi quasi toccare.
Fontane spente, palme dalle fronde rinsecchite, parchi cittadini polverosi parlavano da soli anche prima di accorgersi dei manifesti appesi un po’ dovunque.
Adesso la notizia è arrivata anche fuori dai confini spagnoli perché il governo catalano ha dichiarato lo stato di emergenza, con nuovi limiti ai consumi anche domestici e la prospettiva di dover ricorrere alle navi cisterna.
Non che qui la situazione sia molto migliore: il meteo oscilla fra sereno, poco nuvoloso e nebbia, l’aria è irrespirabile, l’inversione termica porta gelate in pianura e temperature assurdamente alte in Appennino, dove le gemme si stanno aprendo e i prati fioriscono con due mesi di anticipo.
Era così anche un anno fa, poi a maggio si sono aperte le cataratte del cielo ed è stata alluvione; ma sembra che non se ne ricordi più nessuno, tranne chi ci ha perso campi e casa.
Piantiamo un po’ di alberi, almeno
Intanto che proviamo a ragionare su come rifare tutto da capo, Palabra pianta alberi, cercando di farlo (fare) nel modo più serio possibile: quello di chi si prende cura anche degli alberi che già ci sono.
Non basta, ma nulla basta, e tutto serve.
Che bello leggere il processo con cui ci si innamora della corsa. Io me ne sono reinnamorata l'anno scorso al punto da scriverci una newsletter ☺️
Ho corso con costanza più o meno per un paio d’anni facendomi “catturare” un po’ come te. Non nego che si stava in forma. Poi però mi sono stancato perché l’ho sempre visto come “un impegno” e mai come una cosa che il mio corpo mi chiedeva. Ho barattato la corsa con il concetto di “non prendere più né l’auto né i mezzi e andare a piedi a lavoro facendo così ogni giorno 5 km di camminata veloce. Per ora va bene così. PS geniale Poor Things l’ho visto anche io un paio di giorni fa.