Volere tutto, oppure no
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Di rilevanza, rispetto, essenzialità
Giovedì scorso io e Gianluca Diegoli abbiamo chiuso la stagione dei Digital Talk di Registro.it parlando di email marketing – che non è il ripiego dopo la crisi dei cookie, ma un’opportunità per relazioni più sostenibili e oneste con le persone che vorremmo far diventare, e rimanere, nostre clienti.
È stata una bella conversazione, se l’hai persa puoi recuperarla da qui:
Dimissioni che fanno rumore
Mi sono molto ritrovata in ciò che scrive Corinna De Cesare a proposito delle dimissioni di Nicola Sturgeon e Jacinda Ardern:
Il numero più o meno crescente di donne in politica non si è tradotto, nel corso dei decenni, in un cambio di visione della politica. Le poche donne che arrivano al potere e che arrivano alla leadership dei partiti sono, di fatto, schiacciate dal modello maschile. Che non è né meglio né peggio di quello femminile ma è semplicemente l'unico che conosciamo.
La politica è ancora "sangue e merda" (cit.) ed è forse da questo modo di concepirla che sono scappate Jacinda Arden e Nicola Sturgeon, molto più vicine a noi di quanto possiamo immaginare. «Ho dormito profondamente per la prima volta da molto tempo», le prime parole di Jacinda Ardern, il giorno dopo le sue dimissioni.
"Non riesco ad uscire prima delle otto tutti i giorni" le parole di un'amica, qualche giorno fa, mentre parlavamo di lavoro. "Oggi fai il part time?" le ha chiesto il capo quando se n'è andata dall'ufficio alle 18.30.
Le esigenze istituzionali e politiche sono ovviamente diverse da quelle di noi comuni mortali, ma nessuna agenda politica si è mai posta come priorità l'idea di ripensare il modello di lavoro in cui siamo risucchiati.
Non si critica il sistema economico attuale che impone a tutti noi di lavorare fuori casa fino a tardi rinunciando alla propria sfera emotiva. L'identità professionale diventa l'unica possibile e l'unica universalmente valida e questo vale sia per gli uomini che per le donne, con profonde ferite emotive e di salute mentale.
Con un'unica piccola differenza: le donne, anche quelle arrivate al potere, stanno lanciando enormi campanelli d'allarme. Prima o poi riusciremo ad ascoltarli?
Ci ho pensato più di una volta alla possibilità di entrare in politica, o di mettere molto più tempo ed energia nel lavoro di quanta ne abbia messa in questi anni: e no, ho sempre concluso che non ne valeva la pena e che la mia vita era fatta di troppe altre cose per comprimerle e schiacciarle.
È anche il mio atteggiamento riguardo alla maternità: sono felice di avere fatto un figlio, ma non ho mai pensato che non sarei stata una persona completa se non fosse successo, né di dovere annullare tutto il resto dopo averlo fatto. Per questo ho provato molto fastidio quando ho visto (in differita) il monologo di Chiara Francini a Sanremo, sulla (non) maternità: mi è suonato come la resa lamentosa agli stereotipi, ai ruoli immutabili e vincolanti, e pieno di generalizzazioni ingenerose. Meglio di me l’ha commentato Deborah Ugolini, di cui sottoscrivo in pieno il post.
Lo so che Sanremo è passato da più di una settimana, ma mi prendo la libertà di commentare fuori tempo massimo, ok?
Continuando a pensare all’intelligenza artificiale
In attesa della conversazione che faremo martedì 21 a mezzogiorno insieme a Giovanni Carrada, Donata Columbro e Mario Petruccelli, ho iniziato il corso promptdesign, che già dalla prima lezione promette molto bene, e ho riflettuto sul punto di vista di Mafe de Baggis.
Ecco, le intelligenze artificiali – i software come Dall-e, MidJourney, ChatGPT o Bard – assomigliano molto di più ai robot di Guerre Stellari che a Terminator, a partire da una caratteristica per ora finita un po’ in secondo piano e di cui invece vorrei parlare in questo articolo: non sono software che svolgono compiti da soli, sono software che svolgono compiti con noi e per noi.
[Lavorare con le intelligenze artificiali, Mafe de Baggis]
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Buona domenica
Alessandra
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